Intervista ad Arianna Bergamaschi. Sono lontani i tempi della Disney e delle favole: tra maternità, teatro e musica, c'è spazio anche per una riflessione sulla cultura italiana...
La generazione dei nati negli anni Ottanta la ricorda testimonial della Disney, presenza fissa di numerose trasmissioni televisive per ragazzi di fine millennio. Da allora, però, ne è passata di acqua sotto i ponti e l’ex enfant prodige Arianna Bergamaschi, meglio nota come Arianna è cresciuta, è diventata mamma e oggi è una donna che cerca nuovi stimoli professionali, ad esempio sul terreno della commedia, un genere per lei ancora poco frequentato.
Il 29 marzo debutta al Teatro Nuovo di Milano, accanto a Sandra Milo, nella commedia brillante Toc Toc (Date e Orari), successo del drammaturgo francese Laurent Baffie.
Da testimonial della Disney a protagonista del musical "La Bella e la Bestia". Qual è il suo rapporto con le favole, soprattutto da quando e diventata mamma?
Da ragazzina ero molto attratta dal mondo delle favole, poi a un certo punto me ne sono allontanata, sia a livello teatrale ma soprattutto musicale. Ho lavorato in America, perché volevo crescere. Non si può rimanere sempre ancorati a quel tipo di ruoli: ed è il motivo per cui adesso sto preparando la commedia Toc Toc, per la regia di Claudio Insegno. Oggi sono una donna che ha voglia di fare cose diverse. E sono una madre che legge le favole a suo figlio. Per tutto il resto, le favole ormai sono lontane dalla mia vita.
"Toc Toc" è una commedia brillante che mette a nudo le debolezze quotidiane di un gruppo di pazienti neuropsichiatrici. Lei ha qualche piccola mania da confessare?
Io ho dei riti scaramantici, che chiaramente applico solo in circostanze molto impegnative. Durante le repliche de La Bella e la Bestia, avevo constatato che, facendo determinate cose alla stessa ora tutti i giorni, lo spettacolo procedeva meglio. Ma era solo una questione di scaramanzia, noi artisti, si sa, siamo un po’ scaramantici. Per esempio, io credo molto in Sant’Antonio (da Padova, ndr) e quindi, a ogni prima, metto una sua effigie sul cuore, perché così mi sento più protetta. Nella vita di tutti i giorni, mi piace mettere in ordine le cose esattamente come dico io, ma non in modo maniacale.
E quindi possiamo dire che lei è una persona ordinata?
No. Posso essere la persona più disordinata del mondo se non ho tempo né voglia, però se decido di fare una cosa, sia nella vita, sia nel lavoro, cerco di impegnarmi al massimo.
Lei ha lavorato molto anche negli Stati Uniti: qual è il tipo di approccio che un artista deve avere per misurarsi con il mercato americano?
Sicuramente la puntualità e la professionalità, oltre a mostrare sempre assoluta sicurezza… anche se perfino gli americani sono pieni di incertezze! Devi essere strutturato, se sei poco preciso oppure improvvisatore, gli Stati Uniti non sono esattamente il luogo migliore dove lavorare.
C’è qualcosa che manca nella sua carriera?
Uno dei sogni che mi piacerebbe realizzare è quello di interpretare un musical al cinema. Non importa dove nasca il progetto, l’importante è che sia fatto bene.
In una precedente intervista ha dichiarato di essere cresciuta in un ambiente familiare matriarcale: quali valori sente di aver assimilato più di altri?
Sicuramente l’indipendenza è un valore molto forte per le donne della mia famiglia, prima fra tutte la mia bisnonna, che a fine Ottocento viaggiava sulle navi da sola verso il Sudamerica perché era insegnante di sei lingue nelle famiglie italiane che allora vivevano in Argentina. Mia nonna ha cresciuto tre figli da sola; mia madre mi ha insegnato a cantare. Tutte donne toste, che mi hanno trasmesso prima di tutto il valore della libertà, di pensiero e di azione.
Ha scelto di dedicare più tempo alla sua vita privata e dal 2016 è diventata mamma: il rapporto con il suo lavoro è cambiato?
Ho limitato le tournée, ma non è neanche stata una scelta artistica. Ormai, purtroppo, il teatro in Italia si è ridotto ai minimi termini: nel 1999 le tournée erano di sei mesi, adesso sono periodi molto più brevi. Devo dire che se oggi mi proponessero una tournée di sei mesi, chiaramente la risposta sarebbe no.
Dopo il furto delle attrezzature tecniche subìto dalla compagnia di Murder Ballad, secondo lei episodi come questo “misurano” il momento difficile che sta vivendo il teatro in Italia?
L’Italia sta vivendo un momento difficile per la cultura in generale e questo è gravissimo soprattutto per i giovani: a parte l’epoca d’oro degli anni Sessanta, il teatro già versava in condizioni degradanti già dai primi anni Duemila. Adesso siamo proprio ai minimi storici ed è un segnale veramente brutto.
Tra musical e commedia brillante, per lei il 2019 si prospetta un anno davvero impegnativo: progetti futuri?
Dovrò conciliare il palcoscenico con la musica, perché dopo All for You, che è andato moto bene, dovrò girare il video del singolo estivo e quindi non appena terminate le recite di Toc Toc, dovrò dedicarmi totalmente alla musica, che mi impegnerà fino all’autunno. Poi credo ci sarà una ripresa del musical Murder Ballad.